Quistione privata è!
di Sandro Russo

Ho provato un vago senso di allarme quando il mio amico Salvo, siciliano doc, da molti anni trapiantato a Roma mi ha convocato a casa sua per una cena in terrazza, approfittando dell’assenza della moglie che era fuori per qualche giorno con il nipotino piccolo.
– T’ai a parlari ’i cose gravi – mi aveva detto.
L’allarme è aumentato quando è venuta fuori la sua richiesta.
– Ti chiedo di farmi da “esecutore testamentario” – ha spiegato.
– Ma perché? Stai male? Hai qualcosa che non va? E poi… perché io?
– Te lo dico in poche parole: sto abbastanza bene; non c’è niente che non sai già. Poi perché sei mio amico, sei stato medico e sei anche l’unica persona a cui lo posso chiedere, visto che Marta di queste cose con vuole neanche sentir parlare.
Poi mi ha dato qualche informazione sulla figura dell’‘esecutore testamentario’, che in sostanza deve vigilare che non si facciano cose contro la volontà dell’estensore, né in fine vita né in morte.
A quel tempo stavamo tutti e due abbastanza bene in salute; lui ha solo quattro anni più di me. Ordinò qualcosa da mangiare a casa, sul suo terrazzo, da “Mizzica”, famoso locale dalle parti di piazza Bologna che fa anche consegne a domicilio; e mi spiegò per l’ennesima volta la differenza tra “arancini” e “arancine”.
Passammo la serata a parlare delle cose di sempre, di cinema, di poesia, degli amici comuni; lui della Sicilia di quando era giovane, io della mia Ponza…
Potrei dire che quell’impegno, dopo qualche giorno, me lo ero bello che dimenticato.

Sono con Salvo davanti all’ingresso della Riserva dello Zingaro. Ha insistito che lo accompagnassi in macchina da Roma in Sicilia. Marta era contraria al viaggio e non è voluta venire. Abbiamo preso un albergo a Castellamare del Golfo.
Con Salvo abbiamo parlato tante volte di questo posto. Di un’avventura che ebbi io, diversi anni fa quando, dopo aver fatto cinque-sei chilometri di attraversamento della Riserva, lungo tutta la costa, dall’ingresso da Castellammare fino al versante verso San Vito lo Capo, mi rifiutai di tornare indietro, sicuro che proseguendo, avrei trovato l’innesto con la provinciale. Tanto sicuro ero, di trovare una strada di connessione, che neanche provai a chiedere informazioni, all’ingresso. Neanche avevo acqua con me; me la vidi un po’ brutta!
– Minchione – mi interruppe Salvo la prima volta che raccontai questa storia – Quella strada non c’è, non fu mai fatta. È stata la stagione eroica della mia vita. Quando io e il mio gruppo di amici decidemmo “ca chella strata nun s’avìa a fari”. Boicottammo il cantiere in tutti i modi, non ultimo quello di andare a pisciare tutte le mattine nei serbatoi dei caterpillar che sbancavano la montagna.
Vivevamo in montagna, a mezza costa, vivevamo di fichi e fichidindia… accompagnandoli col pane, quando qualcuno faceva una puntatina in paese. Giravamo nudi, col costume da bagno legato a un bastone; facevamo il bagno, ci asciugavamo e ci tuffavamo di nuovo. Insomma, una vita come va vissuta.
Poi… i giornali non ne parlarono, ma il boicottaggio quella volta ebbe successo. La strada non si fece.
Ora Salvo mi ha chiesto di riaccompagnarlo proprio lì, all’ingresso della Riserva dello Zingaro. Gli ho fatto tutte le raccomandazioni e dato tutto quello che gli può servire. Anche lui mi ha raccomandato di farmi vedere molto in giro, di parlare con tutti in albergo, insomma… di crearmi un buon alibi, che sicuramente mi avrebbero interrogato.
Lui riesce ancora a camminare, ma ha dolori da ogni parte. Si aiuta con un bastone. Con una buona dose di antidolorifico riesce a muoversi anche abbastanza spedito. Dice solo – l’ha ripetuto più volte – che si è stancato di vivere.
Ci provo un’ultima volta: – Salvo, proprio sicuro sei?
– Nun ti priccupari, tra me e Idda, quistione privata è!
Questo racconto di Sandro Russo è il seguito ideale di un reportage sulla Riserva dello Zingaro, intitolato "La memoria del fuoco", scritto nel 2013.
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