Un dio bambino

Gli infiniti natali nelle religioni d'oriente


di Claudio Visentin e Stefano Faravelli, immagini di Stefano Faravelli

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Ogni presepe ruota intorno alla statuina di Gesù, centro fisico e simbolico della sacra rappresentazione, allestita per la prima volta da San Francesco a Greccio nel 1223. A volte la piccola effigie del Creatore viene messa per ultima, la notte di Natale, ma questa assenza la rende, se possibile, ancora più presente nei giorni dell’Avvento. 

Il presepe, che tanto cruccia gli intolleranti, è invece caro ai viaggiatori, che trovano nei Re magi una sorta di santi protettori. Solo alle loro statuine infatti è accordato il privilegio di potersi muovere: collocati a una delle estremità del presepe, ogni giorno mani bambine le avvicinano un poco all’agognata capanna, inscenando di nuovo quel viaggio antico, quando i misteriosi viaggiatori di Persia giunsero in Palestina domandando dove fosse “il re che era nato”, in quanto avevano “visto la sua stella in Oriente” (Mt., 2,2). Ben sapendo, come ha scritto Thomas Stearns Eliot in una bella poesia, “Il viaggio dei Magi”, che dopo quell’incontro nulla sarebbe più stato come prima, che quel bambino esigeva da loro una morte e una rinascita spirituale, che sarebbe stato impossibile riprendere la via e la vita di sempre.

Ma il miracolo di un dio che si fa bambino avviene anche sotto altri cieli e in altri credi, con la stessa meraviglia di questo nostro. Perché il dio bambino rappresenta il Verbo nel suo aspetto essenziale, nella sua semplicità assoluta di infans. Già sotto il sole di Atene del resto Socrate credeva che la verità dovesse nascere ogni volta dentro a ciascuna anima e che a lui toccasse solo il compito di agevolare il parto, per così dire, come un tempo faceva sua madre Fenarete, abile levatrice.

Sempre più a est, troviamo Ramakrishna, il grande santo bengalese del XIX secolo, che spese un periodo della sua vita accudendo il piccolo Rama, incarnazione di Vishnu, l’essere supremo e la figura divina protettrice del mondo. Talora Ramakrishna era costretto a rimproverare Rama per i suoi dispetti, perché neppure il dio può essere diverso dagli altri bambini...

E assai capriccioso era anche il fanciullo Krishna, un’altra incarnazione di Vishnu, che in India e in Nepal è spesso raffigurato sulle porte e dietro gli stipiti delle povere case con colori sgargianti (adorabile kitsch della devozione hindu!). 

Il viaggiatore può ascoltare diverse storie dell’infanzia di Khrisna. Per sfuggire alle insidie del sovrano Kamsa, Khrisna trascorse i suoi primi anni di vita nel villaggio di Vrindavana, dove Yashoda, la moglie di un pastore, si prese cura di lui. Un giorno il fanciullo fu sorpreso dalla madre adottiva dopo aver rubato il burro, con l’aiuto degli altri marmocchi, ma cercò spudoratamente di negare l’evidenza. Quando però la madre gli ordinò di aprire la bocca, vide spalancarsi dinanzi a sé l’immane gioco cosmico del samsara, l’immensità dell’universo rotante racchiuso in quel piccolo corpo.

Ancora in India la forma più alta della divinità è Swayambhu, l’autogenerato, rappresentato talvolta nella forma di un bambino cicciottello che succhia il proprio alluce disteso su una ninfea galleggiante sull’oceano del non essere. Puer Aeternus avrebbe detto Jung, che a quell’archetipo dedicò uno studio ricco e documentato.

Ed eterni sono i bambini tondi e sorridenti, recanti giocattoli e tesori, che troviamo raffigurati sulle porte delle case cinesi, dallo Yunnan al Gansu. E anche nel pantheon buddista giapponese la figura di gran lunga più amata è  Jiso, il Buddha bambino con bavaglino e berrettino di maglia, pii ex voto, che si possono vedere a migliaia in quel luogo  straordinario che è il Monte Koya, presso Osaka. 

Si crede che queste raffigurazioni del dio bambino siano benauguranti, che portino fortuna, ricchezza e felicità. Forse ci ricordano che la vera fortuna, ricchezza e felicità è il fatto che ciascuno di noi è anche quel bambino eterno: non un immagine ingenua e regressiva dunque, ma un’icona attivante e rigenerante.

Alla soglia del Natale, dopo averlo inseguito nei più diversi Paesi del mondo, in forme sempre diverse e sempre uguali, non resta che cercare il dio bambino anche nel proprio spazio interiore perché, come scriveva il mistico sufi Jalal al-Din Rumi (XIII secolo), “A nulla serve che sia nato Gesù se non lo generi in te”.

  • Bambini divini - Un’immagine trovata per terra sul Monte Abu, la montagna sacra del Rajasthan: Krishna e Rama bambini, generati dall'uovo cosmico, "galleggiano" su due foglie di ficus.
  • Hutong - Un tipico Hutong (quartiere tradizionale) a Pechino. L'immaginetta rosa appiccicata sulla porta dell'ingresso rappresenta una coppia di bambini divini, con giocattoli e strumenti musicali.