Una pagina dal taccuino giapponese di Stefano Faravelli, novembre 2009


di Stefano Faravelli

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C'è quella piccola storiella zen del maestro Sen - No Rikyu che vuole appendere un cestino di fiori su una colonna. Chiede a un falegname di aiutarlo e questi si mette a spostare il cestino un po' più in su, un po' più in giù, poi a destra, poi a sinistra. Ad un tratto Sen - No Rikyu esclama: "Così va bene!". Trovato il posto nell'universo quel cestino di fiori non potrà che generare onde infinite di armonia.

Ma il falegname vuole tentare il maestro. Finge di dimenticare il punto, segnandolo poi, nascostamente, con l'unghia. Era quello il punto giusto? Forse era qui? O qui? Solo quando il cestino torna al posto segnato, il maestro lo ferma e ripete: "Così va bene!"

Guardo questi sassi, la geometria sottile dei rapporti intessuti con lo spazio tutto intorno, il loro dialogo segreto. Certo chi li ha collocati, come Sen - No Rikyu, avrà detto: "Così va bene!". Oscuramente sento anch'io che "Così va bene!", ma un perché persuasivo non lo trovo. Sarà questo l'insegnamento del giardino? Quell'assenza di intenzione che genera l'atto perfetto? Non trovo un perché, ma so che non voglio lasciare questo posto.

Si vorrebbe venirci ad abitare, piantarvi le tende...