Volevo prendere il treno
di Paolo Meneghini
Partecipando per la prima volta a un’iniziativa della Scuola del Viaggio non sapevo esattamente cosa aspettarmi, ma dovendo sicuramente scrivere “di viaggio” mi ero da subito fissato con l’idea di spostarmi da e verso gli aeroporti utilizzando il treno. Mi pareva una scelta più avventurosa e romantica, anche se molto più disagevole per via degli orari.
A poche ore dalla partenza, però, il senso pratico ebbe il sopravvento, escludendo i binari. E niente, quel viaggio a Marsala si dipanava tutto senza un benché minimo contrattempo: coincidenze azzeccate anche sbagliando, appartamento super accessoriato, la friggitoria aperta all’orario opportuno quando avevo urgenza di un arancino, gli incontri e le lezioni interessanti. Anche l’ultimo tentativo di salire su un treno diretto a Mazara del Vallo, naufragato per via di un passaggio in auto, generosamente offerto e colto al volo, verso il traghetto per l’isola di Mozia che tanto volevo visitare. Insomma, un viaggio con niente che valesse la pena di essere ricordato.
Così, ecco il mio piano: perdere di proposito il traghetto di ritorno dall’isola. Sapevo, dalla navigazione di andata, che il capitano Peppe era un tipo intransigente e, difatti, io non mi presentai all’imbarco e, nonostante le proteste delle mie compagne di viaggio, alle 16e30 spaccate salpò senza di me.
Il battello successivo partiva due ore dopo. Così, rimasi da solo a girovagare per Mozia, bollito dal sole, imparando però praticamente ogni dettaglio sulla storia di quella comunità fenicia: dalle tecniche di costruzione dei baluardi, alla produzione della porpora estratta dalla ghiandola ipobranchiale di un gasteropode. Dai cerimoniali funebri, al culto per il Signore Ba’l Hamon a cui era devoto Abdmilqart figlio di Shrr, figlio di Ba’l yasop. Quante conoscenze avrei potuto sfoggiare quella sera, davanti al gruppo!
Quando arrivai al punto di ritrovo, oramai si era fatta notte e non c’era più nessuno ad aspettarmi. La mia bravata, forse, non era stata così apprezzata. Il giorno successivo, notai il disagio con cui molte e molti mi rivolgevano la parola. È stato un viaggio che mi ricorderò a lungo.