Gaspare Colicchia - umile cotonaro
di Paolo Meneghini
Gaspare Colicchia, schiena curva, capo chino sul campo, quel mattino sentì all’improvviso soffiare un vento nuovo e strano. D’istinto alzò la testa e vide un tizio in camicia rossa che attraversava il suo campo di cotone. Stava per urlargli contro un’imprecazione, quando si accorse che intorno ce n’erano altri, come quello. Erano ovunque: erano a centinaia. Forse mille. Erano per lo più giovani e avanzavano fieramente tra i filari di fiocchi bianchi, come se in fondo al campo vedessero la Terra Promessa. Ebbe il sospetto che fosse il loro passaggio a muovere tutta quell’aria.
“Dove andate?” – avrebbe voluto chiedere – “Chi siete?”, ma non gli usciva il fiato di gola, per la sorpresa e per l’emozione. Li sentiva che parlavano e cantavano con lingue e accenti diversi: non li intendeva bene, ma lo colpì in particolare una parola: “Giustizia!”, dicevano. “Giustizia!”.
Camicie rosse. Gaspare non l’aveva mai avuta una camicia. Sempre sul campo, a torso nudo, bruciato dal sole. Spinto da un istinto incontrollabile, prese a seguire quegli uomini tra le file di cotone e poi lungo il sentiero. Sentiva che assieme a loro avrebbe potuto compiere grandi imprese, magari un giorno essere ricordato come un eroe. Ebbe solo un’esitazione quando si accorse che la città si allontanava: si ricordò di avere una moglie, una figlia, una casa. Ma fu un attimo.
Adesso si era alzato un altro vento, che Gaspare stavolta conosceva bene: era scirocco. E quando soffia lo scirocco, alla gente capita di fare qualche pazzia.