Testo e foto di Danilo Elia
Kaliningrad è un’exclave russa tra Polonia e Lituania, senza confini con la madrepatria, infilata come un cuneo rosso nel cuore dell’Unione Europea: sommergibili, centri commerciali scintillanti, vodka e pesce affumicato. Quel che rimane della città di un tempo, la prussiana Königsberg, è poco più della guglia gotica della cattedrale, assediata dall’alienante edilizia brezneviana, sotto cui riposano le spoglie di Immanuel Kant.
La notizia però è che Kaliningrad adesso ha di nuovo sette ponti, proprio come la Königsberg di un tempo. Erano andati distrutti insieme a tutta la città sotto i bombardamenti della RAF e il resto lo hanno fatto le ruspe bolsceviche.
Splende un abbagliante sole agostano sul fiume Pregolja. Il suo corso si bipartisce disegnando due isole, la lunga Oktjabrskij e la più piccola Kneiphof, su cui i Cavalieri Teutonici fondarono la città nel 1255. Per collegare isole e sponde furono costruiti sette ponti, che diedero a Königsberg l’aspetto di una piccola Venezia, e un grattacapo ai suoi abitanti da non dormirci la notte. Infatti si erano messi in testa di fare una bella passeggiata per la loro città ma seguendo una regola: attraversare ciascuno dei suoi ponti, ma mai più di una volta. Ci provavano, sperimentando ogni volta percorsi nuovi, ma sbattevano sempre la testa contro l’apparente insolvibilità del problema: almeno un ponte andava calpestato due volte. Poi non fu più tempo di passeggiate spensierate.
I ponti odierni collegano le zone della città in tutt’altro modo, ma vale lo stesso la pena di provarci. Così dispiego la mappa e m’incammino. Il primo ponte fa un balzo sulla sponda sud scavalcando l’isola Kneiphof. È il Krämer Brücke della Königsberg prebellica che oggi porta il nome di Lenin. Ringhiere con falce e martello, profusione di piloni di cemento e un traffico di vecchi autobus. Due rampe di scale scendono sull’isola della cattedrale, che tocca la riva meridionale nel punto in cui sorgeva il Grüne Brücke, in corrispondenza della vecchia sede della Borsa, oggi il Palazzo della cultura dei marinai. Sto per proseguire sui due ponti pedonali, ma do un’occhiata alla cartina e mi rendo conto che mi ritroverei nuovamente alla cattedrale: un cul de sac.
Eulero, il famoso matematico di origini svizzere, studiò a fondo quello che ormai era diventato il “Problema dei sette ponti di Königsberg”, ed ebbe un’intuizione: astrarre il dilemma dagli elementi fisici della città. Partendo dalla mappa di Königsberg aveva tracciato sul foglio schemi via via più semplici fino ad arrivare alla sintesi visiva del problema: il grafo. Nel grafo le isole e le sponde diventano dei cerchi, i nodi, e i ponti delle semplici linee, i collegamenti. Non lo sapeva, ma stava dando vita a una disciplina tra le più importanti della matematica moderna, alla base della teoria delle reti di computer, di internet e del web: la topologia. Anche così giunse però alla conclusione che la famosa passeggiata non era possibile, perché i collegamenti di ogni nodo di Königsberg erano dispari. E oggi a Kaliningrad? Guardo di nuovo la cartina e faccio come Eulero: tolgo il fiume, tolgo la Casa dei Soviet, tolgo pure la cattedrale, e con la penna traccio solo i quattro nodi e i ponti che li collegano. Adesso ho anch’io un grafo.
Il nuovo ponte rimescola le carte in tavola. Non c’era nella Königsberg settecentesca, né all’epoca delle mie precedenti visite. È piccolo e pedonale, costruito per il 750° anniversario della città in un pomposo stile art noveau; porta sul lungofiume affollato di kaliningradesi che passeggiano pigramente, mentre dei ragazzini in mutande si tuffano dalla balaustra.
Controllo a che punto sono del mio cammino euleriano. Guardo la mappa, guardo il grafo. Sono su un nodo di grado quattro, se proseguo verso la cattedrale m’infilo daccapo in un vicolo cieco. Decido allora di attraversare il centro fino alla Stazione nord. Mi servo dell’Holz-Brücke, tra l’isola e la sponda settentrionale. Via della Rivoluzione d’ottobre, viale Lenin: la toponomastica è quella di sempre, ma superati i condomini prefabbricati e un imponente monumento alla flotta baltica – una motosilurante che schizza fuori dall’asfalto – la nuova faccia della città è tutt’altra. La piazza Tsentralnaja è un brulicare di gente attorno al centro commerciale Plaza.
Quando arrivo a piazza della Vittoria non mi raccapezzo. Avevo nella memoria un’immensa spianata d’asfalto presidiata da un pensoso Lenin di bronzo, ora ho davanti a me tre grossi centri commerciali, fontane con giochi d’acqua, una chiesa di marmo bianco e cupole d’oro brillanti come cinque soli. Dov’è finito Lenin? Trasferito, mi dicono, in periferia.
Secondo il teorema di Eulero, un cammino è possibile su un grafo solo se esso ha tutti i nodi di grado pari, oppure due di grado dispari a condizione che si parta da uno di essi e si termini sull’altro. Guardo il mio grafo, il nodo da cui sono partito ha tre collegamenti; l’altro con grado dispari è l’isola di Kneiphof, dove devo cercare di arrivare. Rifaccio il punto. Da qui ho solo un collegamento non ancora utilizzato, l’Eisenbahnbrücke. Non ho scelta e siccome la strada è lunga, salto su un minibus che mi porta dritto alla porta di Brandeburgo.
Delle sette rimanenti questa è l’unica porta a svolgere ancora la sua funzione. Il tram numero 9 sferraglia sotto i suoi archi neogotici e io ci salto su fino allo Hohe Brücke, il sesto ponte. Quando scendo sono su un nodo di grado pari, tre ponti alle mie spalle già percorsi, uno solo davanti ancora libero, l’ultimo. È il piccolo Honig-Brücke, l’unico ancora in piedi dai tempi di Eulero. Calpesto le sue assi di legno cigolanti in mezzo a festanti coppie di neo sposi.
Tutto torna! Approdo sull’altro nodo dispari. Il cammino euleriano, impossibile nella Königsberg prussiana, è oggi possibile nella Kaliningrad russa. Ma per quanto ancora? Una grande ponte a est della città è già in cantiere...
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