UN VIAGGIO DA CANI
Lo sleddog tra Canada e Valle d'Aosta

testo e foto di Alessandro Gandolfi

Un viaggio da cani

Tre anni fa, io che soffro il freddo e non possiedo cani, mi sono ritrovato in pieno inverno canadese su una slitta trainata da otto husky che correvano indiavolati fra le nevi del Saguenay. Il Saguenay è il profondo cuore francofono del Québec: una terra gelida, popolata di cacciatori e avventurieri, affacciata sull'orlo di un oceano ghiacciato che a nord, per tremila chilometri, alterna solo foreste, laghi e montagne.

Com'ero finito in questo immenso frigorifero naturale? Era stata una rivista di viaggi a inviarmi in quel posto maledetto: "Tu sai andare su una slitta per cani, vero?" aveva esordito il direttore, facendo seguire un'altra domanda altrettanto inquietante: "Tu non soffri il freddo, vero?". Decisi di portarmi in valigia diverse maglie di lana e un paio di guanti nuovi: fu una decisione saggia. Al mio arrivo alla stazione di Chicoutimi, sceso dall'autobus proveniente da Montreal, un ragazzone di nome Dirk esordì domandandomi: “Tu conosci lo sleddog, vero?”. Ovviamente non avevo mai fatto sleddog in vita mia. “Non è difficile, vedrai" iniziò a spiegarmi lo stesso Dirk, "basta curare l’equilibrio, rimanere elastici sui pattini, usare spesso il freno". Dieci anni fa Dirk Segers era un annoiato imprenditore di Bruxelles. Nel 2001 prese la decisione più importante della sua vita: si trasferì in Québec per dedicarsi alla sua vera passione, lo sleddog. "Qui in Canada sostenevano che fosse uno sport difficile, per esperti, e così nessuno lo aveva ancora proposto ai turisti. Noi siamo stati i primi". Oggi Dirk guida la sua azienda (www.chiens-gite.qc.ca), organizzando insieme alla moglie spedizioni nell'immenso territorio che circonda Chicoutimi. “Se desideri birra o vino acquistali adesso, perché per una settimana sarai fuori dalla civiltà” mi spiega dopo essersi fermato con la macchina davanti a una baracca in lamiera che ha tutta l'aria di essere l'ultimo bar di frontiera. Ma è risalendo in auto che mi offre l'ultima lezione della giornata: "Domani, quando sarai sulla slitta, non dimenticare che sei parte di una squadra composta da te e dai tuoi cani. Parla con loro, anche nella tua lingua, capiranno che tu se lì dietro, insieme a loro. E mi raccomando, in salita aiutali a spingere!".

Un giornalista nei guai - Non passano neppure dodici ore che mi ritrovo in bilico su due assi di legno trainate da quattro cani, che corrono come matti seguendo la slitta che ci precede. Saltano cunette, attraversano senza paura laghi ghiacciati, seguono piste sagomate degne del bob olimpico, sfiorano tronchi piegati ad arco dalla neve obbligandomi a chinarmi sulle ginocchia per evitare di prenderli in faccia. E quando arriva la prima salita mi tornano alla mente le ultime parole di Dirk della sera prima. Infatti i cani si fermano, si voltano verso di me e mi fissano come per dire: "Che aspetti, perchè non ci aiuti anche tu a spingere?". A precederci è la slitta di Louis David Durocher, il musher 23enne che guida la piccola spedizione. Musher, per intendersi, è colui che guida la slitta. Mi hanno spiegato che il termine deriva dal francese marchez, la parola che i trapper canadersi urlavano sempre ai loro cani. Quello di Louis David e di tutti i musher è un lavoro massacrante: alla fine della corsa quotidiana tocca a lui raccogliere la legna, cercare l'acqua nei laghi ghiacciati (bucandoli con un trapano a manovella), preparare il cibo, slegare i cani dalle imbragature, montare la tenda. “Stacca questa corteccia di betulla,” - mi chiede mentre sta dando da mangiare a Qapi, il leader del suo team, un Alaskan Husky bianco di due anni - “è talmente sottile che sembra un foglio di carta, la usavano gli indiani Innu per accendere velocemente il fuoco. E funziona!". Davanti a una tazza di caffè caldo David mi racconta del suo lavoro, del rapporto con i suoi cani, della vita nei boschi, della sua formazione all’Università del Québec di Chicoutimi dove ha studiato outdoor activities e a fine corso è dovuto sopravvivere da solo nei boschi per due mesi, procurandosi il cibo come gli antichi trapper. "Sai, una leggenda degli Innu sostiene che nel Seicento qui ci fosse un regno autonomo di esploratori, cacciatori di pellice e cercatori d’oro” mi spiega. “Nessuno ne ha mai trovato le tracce, ma ancora oggi la nostra regione viene chiamata Royaume du Saguenay”.

Alle porte di casa - Parte di un regno lo è stata per secoli anche la Valle d'Aosta. Due anni dopo la mia esperienza canadese, a Cogne, Luciano Genta mi mostra i suoi Siberian Husky: "Non farebbero male a una mosca" mi sussurra, "tienili al guinzaglio e vedrai che faranno ciò che vuoi". È curioso come Luciano sia l'equivalente di Dirk in Italia: impiegato per anni all'Iveco, una volta in pensione si è dedicato a ciò che più gli piaceva: lo sleddog. Prima Luciano gareggiava solo nei fine settimana con i suoi due Siberian, poi la passione è cresciuta, i cani da due sono diventati cinque, poi otto, poi dodici, fino ad arrivare ai venti husky di oggi, con i quali condivide la vita quotidiana.

Da qualche anno lo sleddog si può praticare in diversi luoghi dell'arco alpino, ma è grazie a questo dinamico e intraprendente 63enne se questo sport è potuto sbarcare con successo anche in Valle d'Aosta, nel Parco nazionale del Gran Paradiso. Luciano fa salire i cani sul suo furgone attrezzato con apposite gabbie, e intanto mi racconta che ha deciso di fare il grande passo nel 2003: ha aperto una sua attività, ha acquistato slitte, carrelli e imbragature, e ha preparato un sito internet (www.lucianogenta.com), nel quale condivide con i suoi clienti la gioia per questa nuova attività. "Consiglio lo sleddog - continua Luciano - a chiunque ami la montagna e gli animali, e sogni ancora l'avventura come si faceva da bambini, quando chiusi nella propria cameretta si leggevano le pagine indimenticabili di Jack London".Correre con una slitta trainata da Siberian Husky è un’eccezionale terapia, un antidepressivo molto efficace che permette a chiunque, anche solo per mezza giornata, di volare con la fantasia e di sentirsi immerso nelle nevi immense dell'Alaska, del Canada o della Siberia estrema, la regione dove per la prima volta i cani vennero utilizzati a tale scopo. "Lo sleddog può essere praticato anche dai bambini - precisa Luciano - ed è anzi un'esperienza indimenticabile soprattutto per loro. Imparano gli ordini principali da urlare ai cani, capiscono che c'è un momento per farli correre liberamente e uno per frenarli. Si rendono conto che esiste un cane leader, che tutti gli altri seguono, e che tutti insieme si è parte di un'unica squadra, dove ognuno è importante quanto tutti gli altri. Vuoi provare?". No grazie, l’esperienza canadese mi è bastata...

 

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