Una casa rossa e un campo di patate
In Finlandia, mitologia e sacro sono il fondamento di una profonda e secolare relazione con la natura
Testo e foto di Francesca Mazzoni da Azione
Le guance sono arrossate e gli occhiali appannati dal mio respiro: è l’unico rumore assieme al fruscio delle ciaspole. Mi trovo sui confini tra le regioni della Lapponia, l’Ostrobotnia settentrionale e la Russia. A queste latitudini l’inverno è senza mezze misure: abbondanti nevicate coprono il paesaggio con il loro manto, le temperature crollano di oltre venti gradi sottozero, sole per pochissime ore al giorno.
Nonostante tutto, questa stagione è molto apprezzata dai finlandesi, ferventi fautori della vita all’aria aperta e custodi del segreto della felicità (nel 2021, per la quarta volta consecutiva, la Finlandia sarebbe il paese più felice al mondo secondo il World Happiness Report). Tra le ragioni di tanta felicità potrebbe esserci l’inalienabile diritto di ogni persona a godere della natura, il jokamiehenoikeus, caposaldo del sistema normativo.
Sono con Federica, un’italiana che si è trasferita qui due anni fa e lavora come operatrice shiatsu. Con il suo fisico esile salta come uno stambecco su e giù per queste colline. «Non sopportavo il grigiore di Helsinki in inverno», mi spiega. Ora vive con suo marito in un cottage di massicci tronchi di Kelo, il pino secolare della Finlandia e della Russia, uno dei legni più resistenti e profumati al mondo. «Un antico proverbio dice che per essere felici basta una casa rossa in campagna e un campo di patate. Ci sei quasi», le dico sorridendo. «I finlandesi hanno il dono della semplicità. Si accontentano di quello che hanno e rifuggono il lamento. Non so se sono davvero un popolo felice, di certo io lo sono», risponde porgendomi una tazza di tè bollente. Dio benedica i thermos, soprattutto nell’Artico.
Dalla cima del parco nazionale di Riisitunturi lo sguardo si apre sulle foreste boreali e sul lago Kitka. È il luogo migliore in Europa per assistere al fenomeno della galaverna (tykky in finlandese): per effetto delle temperature estreme, dei forti venti e degli sbalzi termici l’umidità si cristallizza in spessi strati di ghiaccio che ricoprono gli alberi. Sono così ricurvi da sembrare tutt’altro, ed è divertente riconoscervi le più diverse forme.
Il tramonto arriva in un battibaleno, prima con tonalità rosa pastello che abbracciano le sculture di neve, poi con una placida oscurità bluastra che se le inghiotte una a una. Ma scopro presto che i finlandesi si divertono anche al buio. Certo senza troppo calore: qui il distanziamento sociale dev’essere materia scolastica. Faccio timidi tentativi di socializzazione nell’unico karaoke-bar di Ruka. Il karaoke è il secondo passatempo nazionale (dopo la sauna ovviamente!) e ogni anno a Helsinki si svolge il campionato mondiale della specialità. Sembra essere il solo modo per trasformare la riservatezza in espansività, anche se solo per poco tempo. Prendo coraggio e affronto il palco cantando l’Italiano di Toto Cutugno, passepartout in ogni luogo del mondo e specialmente in Finlandia, dove ne hanno addirittura realizzato una versione autoctona, Olen Suomalainen, cioè Sono finlandese. È il degno finale di questo mio primo giorno finnico.
Le successive giornate le dedico alle attività all’aperto nei dintorni, dalle camminate alla slitta trainata dagli husky. Nel giro di pochi chilometri si trovano ben tre parchi nazionali e un’ampia rete escursionistica, compreso uno dei più noti sentieri della nazione, il Karhunkierros o sentiero dell’orso. Per intanto, armata di passamontagna, sfreccio con la motoslitta in mezzo a file di altissimi alberi innevati, attraverso laghi ghiacciati e salgo sulla montagnola di Kuntiivaara. Fa freddo, ma per fortuna le manopole del manubrio sono riscaldate. La Russia è davanti a me sull’altro lato, mi sembra quasi di sentire lo scalpiccio dei cosacchi.
Al rientro in paese è di rigore il rito della sauna. In tutta la nazione ce ne sono più di tre milioni, un terzo del totale mondiale, in immensi cottage ma anche in piccoli appartamenti, perfino in biblioteca e in un Burger King. Nella cultura finlandese la sauna non è solo benessere fisico. Quei pochi minuti tra gli ottanta e i cento gradi sono un’esperienza quasi mistica, bruscamente conclusa quando la signora accanto a me mi invita a uscire nuda per gettarmi sulla neve.
Nel frattempo è scesa la notte ed è perfetta per osservare l’aurora boreale. M’incammino verso il laghetto poco sotto il mio alloggio. Non è la prima volta per me, ma l’emozione è sempre la stessa. Una luce verde comincia a muoversi nel cielo stellato, sempre più rapida e colorata. «La chiamiamo Revontulet, i fuochi della volpe», mi spiega una coppia di fotoamatori. Secondo il folklore, infatti, l’aurora boreale si deve a questo animale che scorrazza nel cielo strofinando la coda contro le montagne imbiancate, generando scintille che volano sempre più in alto.
In Finlandia la mitologia e il sacro sono ancora vivi e sono il fondamento di una profonda e secolare relazione con la natura. Qui a Kuusamo lo sanno bene, soprattutto Anne Murto, ex modella di Helsinki attivista da più di vent’anni contro lo sfruttamento minerario della zona. Mi spiega che «per i finlandesi il bosco non è solo una risorsa economica, ma anche una galleria d’arte per saziare la sete di bellezza, un tempio per rigenerarsi spiritualmente e una palestra per il benessere fisico. Si porta beneficio alle piccole comunità locali senza distruggere l’ambiente». È la via finlandese a una selvaggia felicità.