Un finto ambiente naturale, un cimitero unico al mondo, una strada che parla d'Africa.
Nell'epoca dei post e dei tweet, ecco il nostro primo “minireportage”.
La strada da Dakar a Joal-Fadiouth è lunga 115 chilometri, sulla costa, verso sud. Deserto, buoi al pascolo, enormi baobab, villaggi piatti e secchi dove venditori di acqua e di noccioline fanno la posta ai pulmini e alle auto. Anche la polizia fa la posta ai mezzi su cui spicca una faccia bianca.
Fermano, controllano e chiedono una tassa – chiamiamola così – per il passaggio. Stretta di mano “farcita” e via: bastano poche banconote.
Di colpo un branco di scimmie attraversa la strada. Sono quelle importate nei resort e nei villaggi turistici per tedeschi, stesi lungo le spiagge. Butti l'occhio dentro e vedi una vegetazione irreale, verdissima e folta. Fuori, come sempre, il deserto. Buon divertimento, nel Senegal da pacchetto turistico.
Raggiunta Joal, città natale di Senghor, il primo presidente del Senegal, si attraversa a piedi un ponte di legno e si approda sull'isoletta di Fadiouth. Città cristiana, nella quale i cinque musulmani presenti hanno però una loro piccola moschea. Amici. Le stradine sono ricoperte di conchiglie, come tutta l'isola, come molte case, risultato di secoli e secoli di accumulazioni. Un altro ponte accompagna su un colle di fronte, anch'esso ricoperto di gusci, dove l'unico cimitero cristiano e musulmano al mondo si mostra nella sua semplice bellezza.
Per chi ha buoni occhi, sullo sfondo, ai margini della savana, un branco di iene corre in ordine sparso. Saette lontane, inseguite da cacciatori con i bastoni in mano o forse da ragazzi che si divertono a spaventarle. Non si capisce da qui, fra la tomba di Souleymane e quella di Maria.
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Avvenire - domenica 29 gennaio 2012 Dakar. La trilogia del tempo |
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