La rotta Hippie
Negli anni Sessanta migliaia di giovani viaggiatori di ogni Paese, affascinati dall'Oriente e in fuga dalla lotta quotidiana "dalle 9 alle 5" per il guadagno e la carriera, percorsero la "rotta hippy" (Hippie Trail), seimila miglia attraverso sei Paesi e tre grandi religioni.
Una generazione ispirata da Kerouac, Ginsberg, i Beatles e Bob Dylan guardò con curiosità e disponibilità ad altri popoli e civiltà: furono i primi europei a viaggiare per essere colonizzati piuttosto che per colonizzare, e prima della grande stagione dell'impegno politico pensarono che solo cambiando se stessi avrebbero potuto cambiare il mondo. Nel frattempo, ad ogni buon conto, si divertirono parecchio.
Il "grande viaggio" cominciava nel Pudding Shop di Istanbul, con un annuncio affisso sulla bacheca per trovare mezzi di trasporto o compagni: una necessità, dato che si viaggiava in strettissima economia, utilizzando treni, autobus, l'autostop naturalmente, ma anche i veicoli più improbabili, dalle jeep della seconda guerra mondiale ai celebri Volkswagen Combo. Il percorso si snodava attraverso la Turchia, l'Iran, l'Afghanistan e il Pakistan (ricalcando in molte parti l'antica Via della seta), per concludersi a Kathmandu in Nepal, dove ancora oggi Freak Street ricorda quei tempi, o a Goa in India, con le interminabili feste sulla spiaggia ballando alla luce dei falò.
La rotta hippy si chiuse nel 1979, quando l'Ayatollah Khomeini prese il potere in Iran bloccando le frontiere, e l'Afghanistan veniva invaso dai sovietici. Dopo di allora la situazione è sempre peggiorata, e oggi quei Paesi, un tempo liberamente percorsi dagli hippy, si sono trasformati in teatri di guerra interamente preclusi ai nostri viaggi.
Nei decenni seguenti gli Hippy saranno ricordati soprattutto per gli aspetti più superficiali - i simboli di pace, i fiori, i capelli lunghi, l'amore libero e le droghe - ma la loro eredità è molto più profonda e sostanziale. Da quella stagione infatti vengono molti dei nostri stili di viaggio - low cost, a piedi, "zaino in spalla" - e anche le grandi guide internazionali, a cominciare dalle "Lonely Planet".