Mappa di
Comunità di
CollinaPo

Una mappa della
biodiversità naturale e culturale
della Riserva di Biosfera
MaB UNESCO CollinaPo.
I racconti, le curiosità e
le trasformazioni dei
luoghi attorno a un
grande fiume e alla
collina torinese.

Regione Piemonte
Torino Smart City Area Protetta Po e Collina Torinese
Collina PO Riserva MAaB UNESCO

con

Politecnico di Torino Università degli Studi di Torino Enit Scuola del Viaggio

presentano

Storie di fiume

e

Il grande fiume

realizzato da

Dedalo Epoché Fosphoro

grazie a

Le città visibili Associazioni Italiana Turismo Responsabile Space Hotels

con la collaborazione di:

Istituto compresivo Brusasco Scuole Salesiane Lombriasco - Torino Giovani in rete

PARCO DEL PO E DELLA COLLINA TORINESE - Programma C.E.R.PO.CO. - Azioni per la biodiversità naturale ed agraria nel Corridoio ecologico rurale del Po e della Collina torinese, Reg. (CE) 1698/05 – PSR 2007-2013 della Regione Piemonte - MISURA 323 “Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale” Azione 1 “Interventi di tutela e sensibilizzazione ambientale” - tipologia b)” Azione 3.1 Implementazione di una mappa di comunità della biodiversità locale attraverso unpercorso di identificazione e conoscenza del territorio

 

   

Agricoltura a Lauriano

Lauriano (TO)

Storie di fiume
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La contadina di Lauriano sta tagliando con la falce tutto il grano.

La contadina ha portato le mucche a pascolare in un grande prato, con tanta erba fresca.

 

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INTERVISTA

Come si  chiama?

Cesarina S. e Mario S.

Signora Cesarina, quanti anni ha?

Ho 76 anni.

Che lavoro faceva?

La contadina, ormai sono in pensione.

A quanti anni ha incominciato a lavorare?

Da bambina, a sei anni circa; aiutavo i miei genitori nell’azienda agricola.

Le piaceva il lavoro che svolgeva?

Sì, mi piaceva molto.

Quante ore lavorava al giorno?

Lavoravo, a quei tempi, dodici-quattordici ore in estate, nei campi; in inverno lavoravo meno ore e andavo ad imparare a cucire e ricamare.

Le sarebbe piaciuto fare un altro lavoro?

Mi sarebbe piaciuto studiare.

Come si svolgeva la sua giornata?

Mi alzavo alle cinque del mattino per dare da mangiare alle mucche, poi svegliavo le mie figlie per mandarle a scuola, dopo mi occupavo della vigna, dell’orto e del fieno. Mi occupavo della cucina per quando rientravano i familiari. Nel pomeriggio imballavamo il fieno e ci occupavamo degli animali. Allevavamo anche 20 mucche e alcuni tori.

Cosa dava da mangiare agli animali?

Fieno, granoturco, orzo e cereali.

Si divertiva qualche volta?

Non mi divertivo perché c’erano moscerini e insetti vari che mordevano, ma a fine giornata ero molto soddisfatta.

Cosa produceva?

Formaggio e vendevo il latte ai cittadini di Lauriano.

Erano pesanti le zappe?

Sì le zappe pesavano, vengono utilizzate ancora oggi.

Esiste ancora l’azienda agricola?

Ho chiuso l’azienda solo due mesi fa.  Le mie figlie hanno scelto un’altra attività.

Qual era il periodo più faticoso?

Andava da maggio a luglio, quando si lavorava il grano

 

Chi viveva il Po

Lombriasco (TO)

Storie di fiume
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Chiara P

Lauriano (TO)

Storie di fiume
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Notizie ricavate dall’intervista alla sig.ra Roselsa

La lavorazione della terra
Un tempo quasi tutti lavoravano la terra. Si seminava, raccoglieva e arava la terra a mano. Poco tempo dopo si iniziò ad andare a lavorare alla Fiat e alla Cementi; alcune persone facevano i muratori.

 

Cosa si coltivava
Un tempo sembrava che l’unico posto abitato fosse il centro, il resto era una distesa di prati; si coltivava grano e mais. In più veniva tagliata l’erba per fare il fieno da dare agli animali.

 

L’inverno
In inverno gli uomini toglievano le edere dalle piante, pulivano i boschi, facevano la legna per scaldarsi in casa. A febbraio iniziavano a potare le piante e a metà marzo si utilizzavano le prime maniche corte.
Il 19 marzo, San Giuseppe, si andava sempre a fare merenda al Romitorio.
Gli uomini nelle domeniche invernali si trovavano al Circolo Roma per giocare a carte e chiacchierare.

 

I negozi
Un tempo a Lauriano c’erano tantissimi negozi in Via Mazzini e in via Cappelletta.
C’erano anche alcune trattorie.
C’era il barbiere, la parrucchiera, il macellaio, …

 

La luce elettrica
Negli anni 30 non c’era la luce elettrica, infatti si usavano lumi a petrolio e alla sera si stava nelle stalle essendo il posto più caldo della casa.

 

Le feste
Durante la festa di San Benigno si accendevano i fuochi d’artificio nel prà del pozzo.
La festa durava quattro giorni.
Una festa era anche “battere il grano”. Le donne erano addette alle fascine.
La vendemmia (inizio ottobre) era la festa del vino dove si raccoglieva e si pestava l’uva per fare il vino.

 

Il signor Paolo coltiva fragole dall'età di 12 anni

Parco del PO e della Collina Torinese

Storie di fiume
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Il signor Paolo coltiva fragole dall'età di 12 anni. Per poter ottenere un buon raccolto, accudisce le sue 7.000 piantine di fragole tutti i giorni fino al raccolto. In passato i coltivatori di fragole a Verrua erano molti di più, oggi ne sono rimasti pochi.
Scuole elementari di Verrua Savoia dell'Istituto comprensivo di Brusasco.

 

La signora Vanna è nata nel 1931 e abita a Verrua Savoia, nella borgata di Sulpiano

Parco del PO e della Collina Torinese

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La signora Vanna è nata nel 1931 e abita a Verrua Savoia, nella borgata di Sulpiano.
Quando lei era bambina, tutti erano contadini e si spostavano con la bicicletta.
Sulpiano era il punto di riferimento per le persone delle altre frazioni vicine, perchè c'erano 4 negozi:il macellaio, il panettiere e altre due botteghe, dove si vendeva un po' di tutto.
Dove oggi c'è il ristorante Antico Palter, prima c'era una bottega dove offrivano anche da mangiare che veniva chiamata “ostu”.
Nei locali dove oggi c'è lo studio medico e si va a votare, c'era la scuola elementare.
La prima e la seconda erano insieme. C'era una maestra che si era fatta arrivare una canna lunghissima che le serviva, sia per indicare la cartina geografica sia per colpire le mani dei bambini che sbagliavano o non capivano. Sin dalla prima elementare, alla maestra, si doveva dare del lei. Molti bambini arrivavano da lontano, a piedi, e prima che arrivasse la maestra pulivano la scuola e accendevano la stufa.
Nella zona, le coltivazioni tipiche erano grano, mais e vigne.
Dopo il 1951 hanno iniziato a coltivare anche le fragole.
A Sulpiano tutti i giorni c'era un bellissimo mercato di frutta e verdura.
Infine la signora Vanna ci ha raccontato che è stata proprio lei a introdurre i “tirà”, dolcetti che prima venivano preparati solo nei paesi al di là del Po. Gli ingredienti sono:burro, uova, scorza di limone, e lievito.
I signori Rigaldo avevano la panetteria con il forno a legna. All'inizio le persone non compravano il pane, ma andavano solo a cuocerlo. Dal 1955 in poi hanno cominciato a portare la farina:per avere un chilo di pane si doveva portare un chilo di farina e 5 lire.
L'intervista alla Signora Vanna è stata molto interessante e saremmo state ancora molto tempo ad ascoltarla.
Scuola elementare di Verrua Savoia, dell'Istituto comprensivo di Brusasco.

 

Lombriasco, foto storiche

Lombriasco (TO)

Storie di fiume
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L'UNIVERSITÀ DEI MINUSIERI: ALLA SCUOLA DI GIACOLÒTO (1922)
Il “minusiere” Giacolòto (Giacomo Chicco 1862-1950, figlio di falegname) e la sua bottega artigiana hanno tenuto banco a Lombriasco per una parte del XIX secolo e per tutto il XX.
Qui vediamo Giacolòto al lavoro con i figli “Colin” (1900-1994) e “Simondin” (1903-1989): il ragazzino è l'apprendista Ernesto Reburdo (1909-1994).

ANGOLI DI LOMBRIASCO: L'AIA
Questo bel rustico è la cascina Cottino-Cravero di via San Sebastiano in una foto degli anni Venti.
Un tempo l'aia rappresentava un'area di lavoro: in essa si liberavano gli animali, si creava il letamaio, si costruiva il pagliaio, si mettevano ad essiccare i prodotti, si manovravano i carri.
Non c'era spazio per aiuole, prati verdi ed alberi ornamentali.

ATTIVITÀ DEL TEMPO CHE FU: “I FABOSCH” (I BOSCAIOLI)
L'abbattimento degli alberi era un'attività che si svolgeva essenzialmente nel periodo invernale, ma poteva comprendere anche l'autunno e la primavera; richiedeva un lavoro di squadra e un enorme fatica.
L'albero, dopo la segatura con le grandi “frande” che si vedono nella foto, veniva liberato dai rami e scortecciato; il lavoro veniva ultimato con l'estirpazione dei ceppi (“le suche”) dopo aver scavato, naturalmente a mano, delle grandi buche.

ATTIVITÀ DEL TEMPO CHE FU: LA DISTILLERIA
Nella prima metà del XX secolo a Lombriasco erano operanti almeno una decina di alambicchi per la distillazione della menta. L'attività ebbe inizio a Lombriasco, Pancalieri e dintorni nella seconda metà del XIX secolo.
A partire dagli anni Sessanta del Novecento la coltivazione della menta iniziò un inesorabile declino e quindi gli alambicchi chiusero i battenti: l'ultimo, l'alambicco di Bursa, operò fino agli anni Settanta.
Nella foto è immortalato l'impianto più grande: gli alambicchi di Benna in regione fabbrica che operarono fin verso il 1950.

MODERNITÀ: QUANDO LE MOTO AVEVANO IL SIDECAR (1925 circa)
Giovanni Cravero (1894-1981) è qui ripreso alla guida di una fiammante moto con sidecar: fu la prima moto di Lombriasco.

PERSONAGGI: conte CESARE NICOLAO PONTE
Cesare Nicolao Ponte (nato a Torino nel 1778, morto a Monasterolo nel 1850 e sepolto a Scarnafigi) fu l'ultimo discendente maschio della dinastia dei Ponte, feudatari di Lombriasco dal XIV secolo. Dai Lombriaschesi forse fu meno conosciuto di Lorens (vedi foto 1), ma a lui fu dedicata la via centrale di Lombriasco.
Il quadro originale da cui è stata ripresa questa fotografia si trova nella Casa di Riposo di Scarnafigi (CN).

PERSONAGGI: contessa GENTINA PONTE
Si sa che i ritrattisti per compiacere i signori dovevano cercare di abbellire gli “originali” anche se a volte l'impresa si presentava disperata.
Dal risultato del dipinto qui riprodotto (vedi anche la foto n. 2) c'è da scommettere che i componenti della famiglia Ponte non eccellessero in avvenenza.
Il quadro originale da cui è stata ripresa questa fotografia si trova nella Casa di Riposo di Scarnafigi (CN).

PERSONAGGI: GIUSEPPE GIACHINO
Il Lombriaschese Giuseppe Giachino era un esperto meccanico e in tale veste partecipò come “navigatore” alla famosa corsa automobilistica “Targa Florio” del 1922 (6a edizione) quale assistente del pilota G. Meregalli.

PERSONAGGI: GIUSEPPE GIACHINO (1922)
6a Targa Florio, circuito delle Madonie (Sicilia), località Sclafani, Contrada Fontana Rossa, 19 novembre 1922: il lombriaschese Giuseppe Giachino (vedi foto 4) muore in seguito al ribaltamento della vettura Diatto mod. S20; il pilota G. Meregalli si salva.

SCAVO DEL CANALE SCOLATORE DI PO MORTO (1929)
L'istantanea riprende i lavori del ciclopico intervento di bonifica della zona di Po morto sita nel territorio prossimo a Castel Rainero.
Il canale scolatore che consente lo spurgo delle acque dallo stagno sorgivo di Castel Rainero fino al Po in prossimità dello sbocco del Maira misura 3120 metri.
Questo grandioso lavoro, che vide occupate svariate decine di uomini per un consistente periodo, riguarda il primo tratto del canale in cui le misure del fosso raggiungevano i m 4 alla base e m 6 in cima. Questa grande opera, promossa da “Cichin ëd Gigg”, permise alla zona, ancora paludosa in quel tempo, di essere risanata e coltivata.

USI E “COSTUMI”: IN SPIAGGIA SUL PO (anni Venti)
Gli “usi” negli anni Venti non prevedevano le vacanze al mare, in primo luogo perché non esisteva il concetto di vacanza e in secondo luogo perché non ci sarebbero stati i mezzi per farle. Non restava che utilizzare le risorse di casa: il fiume Po. Il mare a quel tempo era una entità sentita raccontare o dai “migranti” che andavano a fare la mietitura in Argentina a dicembre o da coloro che erano stati inviati in Libia nel 1912 o che sarebbero stati successivamente inviati (sempre gratuitamente!) in Etiopia, in Grecia o in Albania negli anni precedenti e seguenti il 1940.
I “costumi” erano quelli qui messi in mostra.
A sentir raccontare che un tempo si faceva economia su tutto fa un po' ridere; oggi sì che si fa economia: con il tessuto di uno di questi costumi riusciamo a realizzarne un centinaio.
Per individuare il luogo si osservi che sullo sfondo appare il ponte del Po di Casalgrasso.

USI E COSTUMI: “LA LËSSIA” (1930 circa)
Fino agli anni Sessanta l'unico tipo di lavatrice conosciuto era quella “a mano”.
Ogni tre o quattro mesi (non era il caso di lavarsi troppo) nelle famiglie si faceva il grande bucato: la “lëssia”. I panni venivano disposti in un mastello e irrorati con un detersivo bollente fatto in casa ottenuto dalla bollitura in caldaia di acqua e cenere.
Per la risciacquatura si portava il carico, con carriola o con carro a trazione animale, al fiume. Questa foto, una vera rarità, ricorda ai contemporanei come la vita scorresse molto diversamente qualche decennio fa.

ANGOLI DI LOMBRIASCO: LA PIAZZA (1930)
Via Ponte nel tratto da via San Sebastiano al Campanile è per i Lombriaschesi “la piazza”.
Fino agli anni Cinquanta in quel breve pezzo di via erano in attività tre “piòle”, una macelleria, un commestibile, una panetteria, il tabaccaio, il municipio, le scuole e, a ridosso della piazza, un'altra macelleria e un altro commestibile e l'ufficio postale.

QUANDO C'ERA “LUI” (1933)
Il “Lui” di cui parliamo è ovviamente il “conduttore”, la “guida”, il “duce” degli Italiani.
In quei tempi la popolazione era, a precise scadenze “cordialmente” invitata a partecipare alle adunate. Ecco gli “avanguardisti” schierati in uniforme.
Ogni settore di popolazione, a seconda dell'età, del sesso, doveva vestire una certa divisa e presentarsi in piazza per l'addestramento, per sentire il Duce che parlava alla radio o per sentire le parole del Gerarca o del Federale.

LA CORALE (circa 1935)
Da decenni Lombriasco mantiene un certo prestigio nel canto liturgico.
In questa foto è ripresa la scuola di canto degli anni Trenta.
Con i cantori sono presenti il parroco d. Gorgerino, il vice-parroco d. Serra e il maestro della scuola di canto d. Abrate.

COME ERAVAMO (1933)
Gruppo di donne e bambini ripreso in via Ponte davanti alla casa che fino a qualche anno fa ospitò un negozio di ferramenta e casalinghi (in prossimità della tabaccheria).

PRIMA DELLA MECCANIZZAZIONE (circa 1935)
Questo documento ci rivela come non fosse del tutto vera la rigida suddivisione dei ruoli lavorativi nel passato: i lavori pesanti agli uomini, e i lavori di casa alle donne.
Se è vero che agli uomini spettavano i lavori pesanti sembra fosse vero che alle donne spettassero quelli leggeri e … quelli pesanti.

ANGOLI DI LOMBRIASCO: IL PO E IL PORTO (1935 circa)
Ad osservare questa foto sembra di contemplare un paesaggio estraneo a Lombriasco: ora il Po scorre, nei periodi di magra, parecchi metri più in basso delle rive; un tempo lambiva i campi e bastava poco perché invadesse le campagne.
Sullo sfondo si vedono due casette: sono le baracche montate sul traghetto che serviva a trasbordare, pagando il pedaggio secondo precise tariffe, uomini, animali e piccoli carri da una parte all'altra del fiume. La presenza del traghetto conferiva a questa località il pomposo titolo di “porto”.

USI E COSTUMI: IL FEDERALE IN VISITA (1935)
Il federale del partito fascista di Torino Gazzotti, accompagnato dalle autorità locali, rende visita alla comunità di Lombriasco.
Davanti al Municipio (in quegli anni la sede del Comune era a Pancalieri) due bambine rivolgono il saluto e donano i fiori mentre a distanza si vede schierata la popolazione e la banda musicale.

QUANDO C'ERA “LUI” (1935)
Le fiere erano un'occasione per i rappresentanti del Regime di presentarsi al popolo e pungolarlo a dare il massimo per il successo dei prodotti della terra.
Lombriasco, confinante con la capitale della canapa (Carmagnola), esponeva i grandi “fagòt” del prodotto, durante il giorno della fiera (ultimo lunedì di settembre).
Lombriasco, confinante altresì con la capitale della menta (Pancalieri) eccelleva anche nella produzione dell'essenza (nel suo territorio contava oltre una dozzina di alambicchi).
L'esponente del regime qui in evidenza (con la mano sulla canapa mentre parla col direttore dell'Istituto Salesiano don Pellegrino) è il federale di Torino Gazzotti.

QUANDO C'ERA “LUI” (1935)
Le fiere, negli anni tra le due guerre, erano per gli abitanti dei piccoli paesi, un'occasione aggiuntiva per prendere una sbornia (pié 'na summia) e un'occasione per mettere in mostra i prodotti della terra e gli animali migliori. Trattando di bovini non c'era l'imbarazzo della scelta tra diverse razze: l'unica razza bovina che si conoscesse era la piemontese, quella bianca, che si portava in piazza nelle varie foggie: bocin, bocin-a, vaca, beu, tòr.
Fra le vacche e i buoi facevano sempre la loro bella figura i rappresentanti del regime in uniforme.

LAVORATRICI (1936)
Quello che si vede in foto è il primo e l'unico gruppo di lavoratrici che abbia operato in paese. Lombriasco non risulta abbia avuto opifici nel passato: l'unica attività lavorativa che abbia radunato tante donne e ragazze a lavorare insieme fu l'attività di produzione di impermeabili che ebbe luogo tra le due guerre nella casa Benna (oggi di proprietà Casetta in regione Fabbrica).

INGRESSO DEL PARROCO DON CACCIA (1939)
La guerra bussa alle porte; Hitler ha già fatto le sue incursioni nell'Europa Orientale ed ha già acceso le micce. In questo clima Lombriasco saluta il successore di d. Gorgerino (morto d'infarto durante una celebrazione religiosa) dopo 32 anni di guida della parrocchia. Anche d. Caccia rimarrà 32 anni a Lombriasco.
La guerra lo vedrà protagonista in ripetuti interventi a favore della popolazione.
La foto è scattata al fondo di via Ponte (all'estremità opposta al campanile).

PERSONAGGI: LORENS
L'uomo che tra le due guerre si occupò della cura del cimitero fu un personaggio non meno importante per la popolazione di quelli rappresentati nelle fotografie n. 2, 3, 4, 5.
Nel suo abituale vestito “casual” è qui fotografato davanti al suo “residence” invernale: un buio corridoio posto a lato del municipio (nella bella stagione risiedeva in un ripostiglio del cimitero).
Lorens, Lorenzo Croce, nacque a Torino nel 1866 e morì a Pancalieri nel 1942.

BINARI (1946 circa)
Una inquadratura di Via S. Giovanni Bosco nell'immediato dopoguerra.
Si vedono ancora i binari del tranvai, la metropolitana di Lombriasco.
Sulla sinistra le famose “piglie 'd Mus” che costituivano uno dei punti di riferimento di Lombriasco.

LA STORICA BANDA MUSICALE (1947 circa)
Fino verso gli anni Cinquanta Lombriasco si fregiò dell'onore di avere un complesso bandistico di pregio.
Storicamente il ruolo di maestro della banda fu sempre svolto da un sacerdote salesiano.
Qui vediamo un'istantanea ripresa durante un'esecuzione. Dirige don Bonvicino.

NON SIAMO A VENEZIA (1948)
La barca sta viaggiando in corrispondenza dell'attuale circonvallazione (costruita nel 1956) in prossimità dell'incrocio con via Ponte.
I Lombriaschesi che hanno superato il mezzo secolo di vita ricordano ancora le “piene” (così si chiamavano allora gli allagamenti del fiume che oggi sono detti “esondazioni”) del Po che si ripetevano quasi ogni anno.
Il fiume era di casa nelle abitazioni di via Carmagnola e del tratto finale di via Ortensia.
Gli abitanti non ne facevano una tragedia: quella era la vita e quello era anche un modo di convivere col fiume.

LE COMPAGNIE (1950 circa)
Forse i più giovani potranno pensare si tratti di una processione fatta nel periodo di carnevale. Niente affatto. I due uomini vestiti con quella divisa bianca appartengono alla compagnia maschile di S. Sebastiano; le appartenenti alla compagnia femminile indossavano una divisa gialla. Le compagnie avevano il compito di partecipare alle funzioni religiose quali funerali e processioni.
Queste associazione operarono fin verso la fine degli anni Sessanta. Per trovare i Lombriaschesi che hanno ancora indossato queste divise occorre cercare nei nati prima del 1920.

iNAUGURAZIONE DEL MONUMENTO AI CADUTI (1956)
Lombriasco, per ricordare i caduti in guerra, non possedeva, prima del 1956, che una lapide infissa in una parete del Municipio.
L'allora sindaco Benna volle donare un monumento al paese. Come si vede dalla foto il paese partecipò a questo avvenimento agghindandosi a festa come l'occasione esigeva.

INAUGURAZIONE DELLA CIRCONVALLAZIONE (1956)
Sicuramente la circonvallazione è da annoverare tra le più importanti opere realizzate a Lombriasco nel corso del XX secolo.
Fu questa un'opera che la provincia di Torino costruì con tempestività prima che la motorizzazione di massa sommergesse il concentrico di Lombriasco di autoveicoli in transito rendendo il paese invivibile.
L'importanza dell'opera sta altresì nella funzione di argine che essa svolge nel corso degli straripamenti del fiume proteggendo parte del paese dall'allagamento.
Per molti anni la strada dai Lombriaschesi fu infatti chiamata “barbacan-a” (diga).

INAUGURAZIONE DEL MUNICIPIO (1956)
Il Comune di Lombriasco nel periodo 1928-1946 fu frazione di Pancalieri.
Il Comune venne ricostituito il 1° gennaio 1947. La Casa comunale di Lombriasco, a differenza di ciò che si riscontra in molti paesi, non era una vecchia casa patrizia o un antico palazzo, ma una povera catapecchia. Il ritorno all'autonomia consentì di pensare se non alla bella dimora almeno a un decoroso punto di riferimento per la popolazione.

IL MAESTRO ANGELINI (circa 1960)
Coloro che hanno compiuto 25-30 anni almeno la seconda volta ricordano ancora i primi festival di Sanremo in cui il maestro Cinico Angelini dirigeva l'orchestra.
Amico del maestro Angelini era il maestro Pavesio che aveva i figli che studiavano dai Salesiani. Sovente Angelini accompagnava Pavesio a Lombriasco e si fermava “da Sarafin”, al ristorante del Moro, a pranzare.

QUI è NATA LA CASALBERGO (1980)
Questa è la vista dal cortile del rustico che lasciò il suo posto alla Casalbergo. La foto è dell'autunno del 1980. A settembre 1983 venivano già occupati i primi tre alloggi nella nuova struttura.

 

Parola d'indigeno

Verrua Savoia (TO)

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Piazzo un paese di campagna

Lauriano (TO)

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Notizie riferite dal papà di Claudio M.

Piazzo era un paese di campagna.
Ogni casa aveva una stalla personale in cui c’erano principalmente mucche e maiali.
Erano presenti spesso anche cavalli, pecore, galline, conigli, pulcini ed oche.
C’erano diversi negozi: bar, peso privato, un ristorante, alimentari ed una panetteria.
Piazzo a in quel periodo aveva molti più cittadini di ora.
La popolazione attuale è di 374 abitanti.
Nel 1928 il Comune principale si trovava a Piazzo e Lauriano ne faceva parte.
A piazzo viveva il parroco.
La televisione arrivò nel 1955.

 

 

Torna il fascino del tempo che fu

Lauriano (TO)

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Un Po per Tutti. Storie di vita lungo il Po

Fiume Po (Torino)

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1° puntata: Don Feraudo e Carlin Lümasa
Testimonianza raccolta il 11.12.2011 da Roberto Gandiglio, classe 1927

Don Cesco (Francesco) Feraudo (classe 1917), prete molto pragmatico e “diretto” fece il marinaio nella marina militare, dove, da buon musicista, suonava anche la tromba nella banda, e negli anni ’30 arrivò fino in Cina, si dice a Shanghai. Lì, raccontava ai suoi ragazzi (dopo aver preso i voti) si andava per bordelli tirando “grandi calci in culo ai cinesi” per farsi largo…

Tornato a Carignano trovò la vocazione e si fece prete, conservando lo stile rozzo, ma in fondo erudito, che aveva caratterizzato la prima parte della sua vita. Una curiosa “tradizione” che si ripeté, alcuni anni dopo, con Enzo Bona (1925), figlio degli industriali lanieri Bona, che dopo una giovinezza ricca e spensierata, tra caccia, sci (al Sestriere) e calcio, si fece frate comboniano emigrando in Chiapas, dove vive ancora oggi in povertà in una capanna mantenendo legami con il Subcomandante Marcos, in difesa dei contadini messicani.

Amico di Don Feraudo, dopo la “conversione” diventò il Prof. Franco Bolgiani (del 1922, ancora vivente a Carignano),  Professore emerito, già ordinario di Storia del Cristianesimo all'Università di Torino e membro dell’Accademia delle Scienze.

Nel Dopoguerra, intorno agli anni ’50, Don Feruado diventò Cappellano del Torino F.C. e poi Parroco di Moncalieri.

Don Feraudo negli anni della Guerra, 1941-42, fece costruire, in mezzo ad un isolotto sul Po, poco dopo il “Garettino” , una capanna perché gli adolescenti di Carignano potessero andare in barca e divertirsi. I ragazzi la chiamarono “Rabastopoli” perché, per costruirla avevano dovuto “rabastare” (raccattare, in piemontese) e riciclare tutto quello che si poteva trovare in giro. Le barche in legno della piccola flotta furono costruite dal mitico Carlin Lümasa, figura molto “slow” nota anche a Torino per la sua perizia artigianale.

Le barche presero il nome di:

  • Robelaquez, da: Roberto Gandiglio (professionista carignanese, figlio di Mario, geometra che fu allievo, nei primi anni del Novecento, del Prof.Valletta, divenuto poi presidente della Fiat negli anni d’oro), Beppino Corte (torinese sfollato a Carignano e morto giovane in un incidente d’auto in città), Lallo Fogagnolo (figlio del direttore generale della Fiat Grandi Motori, Ing. Arnoldo Fogagnolo, anche loro sfollati a Carignano per sfuggire ai bombardamenti); Quez era invece Tabaquez, “Tabacchi”, il futuro Arch. Carlo Arduino (che sta attualmente scrivendo una monumentale opera su Carignano in due volumi da 400 pagine, dove ogni anno, dal 1884 agli anni ’50, viene illustrato con un aneddoto).
  • Macegiapezio, da: Marco Siniscalco (padre di Domenico, futuro Ministro dell’Economia del secondo Governo Berlusconi e docente dell’Università di Torino); Ce-sare Gia-cobina (figlio del magnin’, lo stagnino giunto a Carignano dalla Valle Orco a vendere stufe e oggetti in rame in quello che oggi è diventato il più raffinato negozio di arredo per la case del paese, gestito dalla nipote Elena, mentre gli altri due nipoti, Roberto e Giorgio hanno intrapreso la carriera di avvocati); la P era Paolo Siniscalco (fratello di Marco), mentre completava il nome della barca Ezio Cerutti (ingegnere, divenuto poi direttore di una scuola nautica in Costa Smeralda).

Il conte Peyla affidò a Carlin Lümasa e moglie una baracca lungo il Po nella borgata di Ceretto. I due, coppia inseparabile, erano spesso meta di spedizioni in barca dei “ragazzi di Don Feraudo”, che vi trovavano un divertimento goliardico, ben poco in linea con gli insegnamenti ufficiali della chiesa. Un giorno, si racconta, la moglie di Carlin, tirò fuori una piccola bara. “Cosa c’è lì dentro?” chiesero i ragazzi. “Ecco” disse la moglie sfilando il coperchio da cui emerse un omino di legno dal membro rettissimo, goliardica interpretazione del rigor mortis.

Carlin Lümasa prima della guerra affittava barche in un chiosco lungo il Po a Torino, che poi venne bombardato durante la guerra, convincendolo a sfollare a Carignano. Francesco Gavinelli, classe 1921, tuttora socio emerito della Canottieri Armida di Torino, lo ricorda nel libro “Il Po e le sue Meraviglie”, aggiungendo anche che, nel dopoguerra, dall’Armida ogni tanto venivano giù i “Tribulant”, un gruppo di canottieri che faticava (da qui il nome) a risalire il Po, facendo tappa obbligata alla Padus di Carignano, per merenda, e proseguendo poi fino al Port ‘ed Peyla, nel Bosco del Pret di Ceretto, dove si consumava un “sanguis” in amicizia.