Mappa di Una mappa della con presentano e realizzato da grazie a con la collaborazione di: PARCO DEL PO E DELLA COLLINA TORINESE - Programma C.E.R.PO.CO. - Azioni per la biodiversità naturale ed agraria nel Corridoio ecologico rurale del Po e della Collina torinese, Reg. (CE) 1698/05 – PSR 2007-2013 della Regione Piemonte - MISURA 323 “Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale” Azione 1 “Interventi di tutela e sensibilizzazione ambientale” - tipologia b)” Azione 3.1 Implementazione di una mappa di comunità della biodiversità locale attraverso unpercorso di identificazione e conoscenza del territorio
|
Scegli una categoria o 1° puntata: Don Feraudo e Carlin Lümasa Don Cesco (Francesco) Feraudo (classe 1917), prete molto pragmatico e “diretto” fece il marinaio nella marina militare, dove, da buon musicista, suonava anche la tromba nella banda, e negli anni ’30 arrivò fino in Cina, si dice a Shanghai. Lì, raccontava ai suoi ragazzi (dopo aver preso i voti) si andava per bordelli tirando “grandi calci in culo ai cinesi” per farsi largo… Tornato a Carignano trovò la vocazione e si fece prete, conservando lo stile rozzo, ma in fondo erudito, che aveva caratterizzato la prima parte della sua vita. Una curiosa “tradizione” che si ripeté, alcuni anni dopo, con Enzo Bona (1925), figlio degli industriali lanieri Bona, che dopo una giovinezza ricca e spensierata, tra caccia, sci (al Sestriere) e calcio, si fece frate comboniano emigrando in Chiapas, dove vive ancora oggi in povertà in una capanna mantenendo legami con il Subcomandante Marcos, in difesa dei contadini messicani. Amico di Don Feraudo, dopo la “conversione” diventò il Prof. Franco Bolgiani (del 1922, ancora vivente a Carignano), Professore emerito, già ordinario di Storia del Cristianesimo all'Università di Torino e membro dell’Accademia delle Scienze. Nel Dopoguerra, intorno agli anni ’50, Don Feruado diventò Cappellano del Torino F.C. e poi Parroco di Moncalieri. Don Feraudo negli anni della Guerra, 1941-42, fece costruire, in mezzo ad un isolotto sul Po, poco dopo il “Garettino” , una capanna perché gli adolescenti di Carignano potessero andare in barca e divertirsi. I ragazzi la chiamarono “Rabastopoli” perché, per costruirla avevano dovuto “rabastare” (raccattare, in piemontese) e riciclare tutto quello che si poteva trovare in giro. Le barche in legno della piccola flotta furono costruite dal mitico Carlin Lümasa, figura molto “slow” nota anche a Torino per la sua perizia artigianale. Le barche presero il nome di:
Il conte Peyla affidò a Carlin Lümasa e moglie una baracca lungo il Po nella borgata di Ceretto. I due, coppia inseparabile, erano spesso meta di spedizioni in barca dei “ragazzi di Don Feraudo”, che vi trovavano un divertimento goliardico, ben poco in linea con gli insegnamenti ufficiali della chiesa. Un giorno, si racconta, la moglie di Carlin, tirò fuori una piccola bara. “Cosa c’è lì dentro?” chiesero i ragazzi. “Ecco” disse la moglie sfilando il coperchio da cui emerse un omino di legno dal membro rettissimo, goliardica interpretazione del rigor mortis. Carlin Lümasa prima della guerra affittava barche in un chiosco lungo il Po a Torino, che poi venne bombardato durante la guerra, convincendolo a sfollare a Carignano. Francesco Gavinelli, classe 1921, tuttora socio emerito della Canottieri Armida di Torino, lo ricorda nel libro “Il Po e le sue Meraviglie”, aggiungendo anche che, nel dopoguerra, dall’Armida ogni tanto venivano giù i “Tribulant”, un gruppo di canottieri che faticava (da qui il nome) a risalire il Po, facendo tappa obbligata alla Padus di Carignano, per merenda, e proseguendo poi fino al Port ‘ed Peyla, nel Bosco del Pret di Ceretto, dove si consumava un “sanguis” in amicizia.
|